Ho ricevuto in eredità un bene immobile sito al piano terra di un
Condominio, tuttavia, il Condominio in cui è ubicato ritiene che lo stesso sia
di proprietà condominiale.
Come posso accertare l’effettiva titolarità dei diritti di proprietà sullo
stesso e conseguentemente la legittimità e validità della disposizione
testamentaria?
Per poter rispondere a questa domanda è necessario premettere che negli
edifici condominiali ogni condomino ha la proprietà esclusiva di un piano o
di una porzione di piano ed è, al tempo stesso, comproprietario con gli altri
condomini di alcune parti dell'edificio, che per legge sono considerate
comuni. Queste sono elencate all’articolo 1117 c.c.
Tali aree e beni sono considerati beni comuni, salvo che il contrario non
risulti dal titolo (v., Cass. civ., sez. II, 9 aprile 1998, n. 3667; Cass. civ.,
sez. II, 23 agosto 1986, n. 5154).
Con riferimento a questi beni si sono registrati due orientamenti
giurisprudenziali.
Il più risalente parla, di presunzione di comunione, il più recente invece
ritiene che sia un’ipotesi di comproprietà legale, nel senso che l'art. 1117
c.c. non sancisce una presunzione legale di comunione delle cose in essa
elencate ai nn. 1), 2) e 3), ma dispone che detti beni sono comuni, salvo
che non risultino di proprietà esclusiva in base ad un titolo.
A quale titolo si riferisce la norma?
Il titolo cui si riferisce la norma può essere costituito o dal regolamento
contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità
immobiliari o dalla maturazione dell'acquisto del diritto di proprietà
per usucapione (Cass. civ., sez.un., 7 luglio 1993, n. 7449).
Quali documenti sono dunque sufficienti per vincere in base al “titolo”
la presunzione legale di proprietà comune di cui all’art. 1117 c.c.?
Su tale punto la giurisprudenza è intervenuta ed ha precisato che al fine di
stabilire se sussista un titolo contrario alla c.d. presunzione di comunione
stabilita nell’art. 1117 c.c. occorre far riferimento all'atto costitutivo del
condominio, cioè al primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare
porzione dell’intero fabbricato, da colui il quale fino a quel momento ne era
l’unico proprietario, in favore di altro soggetto, indagando se da esso
emerga o meno la volontà delle parti di riservare ad uno dei condomini la
proprietà esclusiva dei beni che, per ubicazione e struttura, siano
potenzialmente destinati all'uso comune, e non anche il successivo atto di
vendita della proprietà esclusiva della singola porzione, il quale può
trasferire, unitamente alla porzione medesima, solo la corrispondente quota
proporzionale di comproprietà su dette parti comuni (Cass. civ., sez. II, 2
marzo 2017, n. 5335; Cass. civ., sez. II, 18 dicembre 2014, n. 26766; Cass.
n. 3 maggio 2002 n. 6359; Cass. civ., sez. II, 27 maggio 2011, n. 11812;
Cass. 17 settembre 2004 n. 18758; Cass. 21 dicembre 2007 n. 27145).
Ciò vuol dire che per vincere in base al “titolo” la presunzione legale di
proprietà comune di cui all’art. 1117 c.c., non sono sufficienti né il
regolamento condominiale, né le delibere assembleari adottate a
maggioranza, né le tabelle millesimali, né il testamento, né il frazionamento-
accatastamento e la relativa trascrizione, eseguiti a domanda del venditore
costruttore della parte dell'edificio in questione, trattandosi di atti unilaterali
di per sé inidonei a sottrarre il bene alla comunione condominiale,
dovendosi riconoscere tale effetto solo al contratto di compravendita, in cui
la previa delimitazione unilaterale dell'oggetto del trasferimento sia stata
recepita nel contenuto negoziale per concorde volontà dei contraenti (Cass.
civ., sez. II, 2 marzo 2017, n. 5336; Cass. civ., sez. II, 30 aprile 2014,
n. 9523, Cass. civ. 23 agosto 2007, n. 17928).
Conclusioni
Al fine di accertare l’effettiva titolarità dell’immobile da Lei ereditato dovrà
accertare se la volontà dell'originario nonché unico proprietario dell’edificio
(contenuta nel primo atto di trasferimento dell'unità immobiliare afferente al
Condominio) sia stata quella di destinare alla comunione condominiale la
proprietà dei beni che, per ubicazione e struttura, siano potenzialmente
destinati all'uso comune e qualora dovesse essere così la disposizione
testamentaria avente ad oggetto il trasferimento in suo favore di tale unità
immobiliare non potrà considerarsi “titolo” idoneo a vincere la presunzione
legale di proprietà comune di cui all’art. 1117 c.c. non potendo il de cuius
attribuire all’erede e/o legato diritti di cui non è titolare in vita sottraendo
agli altri condomini parti che sono comuni per legge e convenzione.
In tal caso, infatti, la giurisprudenza ha affermato che “in caso di istituzione
ex re certa, qualora il testatore abbia disposto a favore degli eredi dei beni
immobili parzialmente altrui ricorre una causa di nullità della disposizione
testamentaria riconducibile al dettato normativo degli art. 1418 comma 2 e
1346 c.c. in quanto l’oggetto della disposizione mortis causa manca del
requisito della possibilità, posto che al testatore non è consentito di
disporre di beni non propri, senza che sia possibile fare applicazione della
regola della nullità parziale di cui all’art. 1419 c.c. “ (Corte App. Trento,
14/01/1997; Trib. Bari, 22.07.2008).
Tale nullità, in ragione della regola posta all’art. 1419 c.c. e nella logica
del favor testamenti, spiega gli effetti limitatamente della disposizione
contestata, ferma restando la validità e l’efficacia della restante parte del
negozio de quo.